XXI Congresso Fiamo

Carla De Benedictis  Medico Veterinario – Omeopata   ROMA

carladebene@gmail.com

XXI Congresso Fiamo

Omeopatia, rigore e cannibalismi moderni!

Il XXI Congresso FIAMO ha segnato una svolta nella partecipazione e nella qualità dei contenuti: casi clinici chiari, regole condivise e nuove generazioni coinvolte nel dialogo.
Ma fuori dalle sale cresce l’ostilità, alimentata da critiche ideologiche e superficiali.
Eppure, è proprio l’approccio omeopatico a rappresentare oggi il vero modello di One Health..

Ci siamo lasciati alle spalle il XXI Congresso Nazionale FIAMO, vivo, partecipato, stimolante. Per i veterinari omeopati è stato uno dei momenti più soddisfacenti degli ultimi anni. Non solo per i contenuti, ma per l’atmosfera di confronto reale, di ascolto reciproco e di ritrovata energia collettiva. Un’energia che da tempo sembrava sopita.

I congressi precedenti avevano visto un lento ma costante calo di interesse, non per la sostanza dei lavori presentati, ma per la forma: interventi troppo frammentati, casi raccontati in modo caotico, difficili da seguire e ancor più da discutere. Da quella frustrazione è nata un’esigenza condivisa: portare all’attenzione dei colleghi casi clinici che avessero dignità di essere presentati a un auditorio. Casi in grado di aprire riflessioni, di arricchire il bagaglio comune, di stimolare curiosità, anche dissenso, se necessario, ma con metodo. Il lavoro più importante, a monte, è stato proprio questo: costruire regole semplici e condivise per la presentazione dei case report. Non si è trattato di imbrigliare la libertà clinica, ma di renderla comunicabile. Come cita il punto 8.1 delle Linee Guida per il case report veterinario, sezione DISCUSSIONE: “Motivazione dell’autore a presentare un caso clinico.”.

È una domanda che coinvolge la sfera personale e pubblica. Personale, perché ogni caso raccontato è il frutto di un incontro unico tra medico, paziente e contesto: scegliere di condividerlo significa esporsi, riflettere sul proprio percorso, sulle difficoltà, sulle intuizioni e sui dubbi che hanno guidato la cura.

Pubblica, perché quella scelta diventa una responsabilità verso la comunità professionale: offrire un esempio trasparente, utile, riproducibile. Un caso clinico non è solo una testimonianza delle nostre capacità terapeutiche: è un contributo alla costruzione collettiva della conoscenza. Rendere comunicabile la clinica non vuol dire semplificarla, ma restituirla in una forma che altri possano comprendere, discutere e — se possibile — riprodurre. È questo il vero passaggio dalla pratica individuale alla medicina condivisa. Un caso, per essere utile, deve raccontare una traiettoria chiara. Deve avere un inizio, uno svolgimento, una fine. Deve spiegare come si è arrivati a un rimedio, quali sintomi sono stati scelti e perché, quali diagnosi differenziali prese in considerazione. Il follow-up deve essere abbastanza lungo da mostrare che la guarigione non è un episodio passeggero, ma una stabilità riconquistata. Non ci serve il caso clinico che grida al miracolo o che presenta un rimedio che nessuno mai userà, con sintomi poco chiari, frutto solo di qualche intuizione. La pubblicazione di casi clinici sulla rivista Il Medico Omeopata e poi il XX Congresso FIAMO svoltosi a Roma nel 2024, sono stati il nostro banco di prova. Lì un piccolo gruppo ha sperimentato, con i propri casi, la fattibilità di queste regole. Un anno dopo, i risultati si sono visti: al XXI congresso di Orvieto, è stata notevole la presenza di colleghi che non si vedevano da tempo. E una parola finalmente sdoganata: qualità.

È stato bello ritrovarsi su un campo comune.

Un elemento particolarmente significativo è stata la presenza attiva degli allievi. I direttori delle scuole di formazione hanno un ruolo fondamentale in questo: portare gli studenti ai congressi, incoraggiarli a confrontarsi con i casi reali, ascoltare e partecipare. In questo modo si trasmette un segnale importante: i futuri omeopati devono crescere in ambienti di dialogo, di esposizione, di pratica. Non solo nei banchi di scuola, ma anche nelle sale dei congressi, a contatto con la clinica viva e con la comunità professionale. La peculiarità dei veterinari è che non curano una sola specie. Una categoria dei nostri “pazienti” è destinata al consumo. O forse dovremmo dire: al sacrificio. A differenza dei medici, i pazienti umani, per ora, non sono ancora entrati nella filiera alimentare. Nella sostanza, però, il cannibalismo tra noi umani esiste, eccome! Perché cosa significa aggredire, ridicolizzare, delegittimare una categoria di professionisti, utilizzando la propria posizione di potere, attraverso i media? Significa mangiarseli vivi. Come nella serie tv che fa tanto inorridire, “The Walking Dead” ¹. O con l’eleganza sadica di Hannibal Lecter². Ma senza metafora. Definire l’Omeopatia come una “truffa” e chi la pratica uno “stregone” che andrebbe espulso dal proprio Ordine di appartenenza, è l’atteggiamento di chi non si è mai neanche documentato e parla per cliché, ma che purtroppo ricopre cariche di potere. Bisogna sempre chiedersi il motivo per cui la scienza medica si scomoda per seppellire, in fondo, un manipolo di medici e veterinari. Il fulcro del problema è proprio questo. A volte basta ascoltare i nostri detrattori per avere la risposta del loro accanimento. Chi sostiene che l’Omeopatia è pericolosa perché allontana il paziente dalle cure vere ha capito bene che bisogna stroncare l’idea che ci si può curare in modo diverso. Anche altre medicine non convenzionali si occupano di questi temi, che emergono in modo esplicito con l’Omeopatia. I medicinali omeopatici sono consigliati in farmacia, possono alleviare casi acuti solo con l’aiuto di un farmacista che abbia una conoscenza della materia. Alcuni pazienti con esperienza utilizzano con successo omeopatici per piccoli traumi o problemi gastroenterici. E questo non è realizzabile con altre discipline. Un certo livello di Omeopatia è alla portata di tutti.

Il Veterinario Omeopata ha un ruolo sociale fondamentale. Non cura solo gli animali, si prende cura dei sistemi. Cura le relazioni. Cura i territori. Cura anche esseri umani, indirettamente, perché tocca corde profonde: la fiducia, la responsabilità, la visione ecologica. Quando consiglia un cambiamento nell’alimentazione, quando invita a ridurre i farmaci, quando suggerisce di osservare anziché intervenire subito, sta facendo educazione. Sta seminando un’altra idea di salute.

Il XXI Congresso FIAMO appena concluso ci ha mostrato, ancora una volta, che un’altra strada è possibile. Quella del confronto autentico tra noi. Dello studio rigoroso. Del racconto condiviso. Della qualità come linguaggio comune. Non serve essere tutti d’accordo. Serve parlarsi. Serve mostrarsi. Serve raccontare come curiamo, perché lo facciamo, cosa impariamo ogni volta. L’Omeopatia ha un futuro, solo se torniamo a interrogarci insieme. Se ci aggiorniamo con passione e umiltà. Se costruiamo occasioni di crescita collettiva. Se smettiamo di difenderci e iniziamo a proporre. Non per convincere chi non ci ascolta, ma per motivare chi inizia a fare i primi passi in un mondo così ostile. E in fondo, oggi, siamo noi – Veterinari Omeopati – a rappresentare davvero ciò che tanti evocano solo a parole: il concetto autentico di One Health. Una salute circolare che unisce animali, esseri umani e ambiente, nella cura, nella prevenzione e nella responsabilità condivisa. E se la medicina dominante oggi assomiglia sempre più a Hannibal Lecter – brillante, affascinante, ma capace di divorare tutto ciò che non può controllare – allora noi Omeopati dobbiamo comportarci come Clarice. Entrare in quel sistema con lucidità, osservarlo senza paura, analizzarne le crepe, smascherarne le derive. Non per distruggerlo, ma per rivelare che la vera cura non si impone, si propone. E che la scienza autentica non teme il dialogo, anzi, lo cerca.

1. The Walking Dead, serie tv di Frank Darabont.

2. Hannibal (film) 2001, Regista Ridley Scott.

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