Bruno Galeazzi
Medico Chirurgo – Omeopata BASSANO DEL GRAPPA (VI)
Presidente Fiamo
bruno-g@aruba.it

Appunti sparsi
Guardare alla realtà in cui ci troviamo da punti di osservazione esterni può aiutarci ad arricchire la visione prospettica. Se la routine produce un movimento solo sufficiente è necessario pensare fuori dagli schemi, out of the box.
Di solito siamo immersi in quotidianità in cui la consuetudine di pensiero e azione tende a ripetersi in routine, cioè in modelli e schemi di funzionamento con i quali riduciamo la complessità della vita all’interno di una nostra cornice interpretativa, cosa che ci permette di evitare di decidere ogni volta ex novo, come se ogni giorno fosse una novità e in questo modo ottenere un notevole risparmio di energia. Tutto bene finché la routine è fondata su azioni efficaci che producono effetti tangibili in sequenze di eventi coerenti, ma se la routine produce un movimento solo sufficiente, è necessario pensare fuori dagli schemi, out of the box.
Con il numero degli studenti in calo, ECH ha deciso di ridurre il monte ore di formazione da 600 a 350, sperando di attirare più studenti in grado di affrontare costi e tempi di formazione ridotti, ma si è consapevoli che la formazione iniziale ridotta nei tempi, va poi integrata con una formazione continua.
Un altro modo per attirare studenti è l’idea di avvicinarli con percorsi formativi in medicina integrativa, ma la medicina integrativa è più una forma mentale aperta rispetto alla medicina convenzionale; essa implica un modus operandi che integra più conoscenze, che vanno utilizzate al momento giusto da parte di terapeuti ben formati in ogni singola disciplina integrandole, quando necessario, con altre. Conoscere la forma mentis della capacità di integrare approcci diversi secondo le necessità del paziente non esonera dalla necessità di conoscere approfonditamente gli strumenti terapeutici che si usano, pena la loro inefficacia. Perciò le Scuole che propongono un corso di medicina integrativa, poi dovrebbero proporre corsi di approfondimenti nelle singole discipline di cui hanno precedentemente insegnato i rudimenti.
Rimane il problema della bassa percentuale di studenti che, una volta terminato il percorso formativo, praticano in modo continuativo ciò che hanno appreso e quindi entrano attivamente nella comunità dei medici che praticano l’Omeopatia. Il problema nella sua sostanza appare più in uscita che in entrata perché, se tutti i medici che si sono formati presso le Scuole di Omeopatia la praticassero stabilmente, avremmo risolto il problema del ricambio generazionale. Lo studente che si diploma in una Scuola di Omeopatia dovrebbe quindi essere accompagnato con supervisioni e affiancamento da parte di un omeopata esperto poiché, dopo aver appreso il metodo omeopatico, rimane la necessità di apprendere dall’esperienza di chi lo pratica da decenni. Il ricambio generazionale sarà assicurato se ogni omeopata esperto percepirà la necessità di “adottare” chi sta iniziando a fare i suoi primi passi.
Periodicamente accade che ci imbattiamo in articoli e notizie in cui l’Omeopatia viene descritta in modi errati, fuorvianti e persino astrusi. Se questo può accadere, e se parte dei lettori si trovano d’accordo, dipende molto da quanta corretta informazione e conoscenza della materia è diffusa nella cultura della popolazione. Per buona parte di altre branche della medicina, la cultura condivisa è così omogenea che difficilmente possono essere diffuse informazioni errate e fuorvianti, poiché sarebbero subito identificate per ciò che sono e di conseguenza scartate. Fare corretta informazione è uno dei compiti cardine di una Associazione come FIAMO che, in assenza di un livello accademico, deve adempiere alle tre funzioni principali dell’accademia: formazione, ricerca e trasferimento delle conoscenze nella cultura. La presenza di articoli che descrivono erroneamente qualche aspetto della medicina omeopatica diventa allora una opportunità di verifica del livello di conoscenze nella cultura diffusa e di stimolo per predisporre strategie di informazione sempre più efficaci e ampie.
La questione si fa molto interessante quando si entra nel merito delle informazioni scientifiche riguardo alle evidenze di plausibilità ed efficacia. Negli ultimi due decenni la quantità e la qualità delle evidenze è molto aumentata e istituti come Homeopathy Research Institute di Londra si stanno distinguendo per la capacità di creare network tra centri di ricerca e produrre revisioni della letteratura scientifica omeopatica, anche comparandola con la qualità della ricerca convenzionale. Sappiamo che c’è ancora da lavorare nell’ambito dell’informazione e del trasferimento delle conoscenze nella cultura generale, ma ci preme sottolineare soprattutto che la ricerca scientifica è un percorso in continua evoluzione e che, come tale, ha bisogno di continui investimenti; per tale motivo non ci stancheremo mai di ricordare la possibilità di sostenere la ricerca destinando il 5×1000 a FIAMO.
Per il prossimo autunno sarà inoltre proposto un nuovo bando per la ricerca.
Nelle discussioni interne alla nostra comunità ci siamo anche confrontati in questo periodo con il tema delle guerre, della violenza, delle sofferenze di intere popolazioni. Il medico è chiamato non solo a prendersi cura delle conseguenze della violenza e della guerra, ma anche deve considerarsi in un ruolo attivo nella prevenzione primaria e secondaria, come espresso dall’OMS nel World Report on Violence and Health del 2002, che attribuisce ai professionisti sanitari un ruolo fondamentale nella prevenzione, oltre che nella gestione, delle conseguenze della violenza. La violenza può essere collettiva, come le guerre tra Stati, il terrorismo, ma anche interpersonale come la violenza domestica, gli abusi, le aggressioni, o autodiretta, come i suicidi e l’autolesionismo. E non va dimenticata una forma peculiare di violenza, che è quella verbale. Istituzioni sovranazionali come l’OMS, l’UNESCO, il Consiglio d’Europa e numerosi studiosi si sono interessati e hanno prodotto documenti riguardanti la violenza verbale, che mirano a sensibilizzare e a creare una cultura della comunicazione non violenta, capace di creare spazi di dialogo e comprensione. Nel libro “L’uomo e i suoi simboli” C.G. Jung esamina il tema dell’ombra, cioè di quella parte inconscia e repressa della nostra psiche che, se non riconosciuta, può emergere in modo distruttivo; le tendenze distruttive degli individui si riversano nella società in cui vivono e generano conflitti. Tutti portiamo in noi un’ombra, un lato oscuro, fatto di tendenze primitive, istinti, desideri repressi. Se non la riconosciamo, la proiettiamo sull’altro e finiamo per combatterla fuori di noi. La guerra è una manifestazione di ciò che l’uomo ha rifiutato di vedere in se stesso. Le energie distruttive dentro di noi si riflettono nelle guerre che combattono le nazioni. Comprendiamo così che contribuiamo a ridurre la violenza, i conflitti e le guerre facendo pace dentro di noi; non è possibile la pace tra le nazioni se ognuno non ha fatto pace dentro di sé. Le enormi sofferenze che hanno afflitto il mondo durante tutto il XX secolo non sono bastate per insegnare all’umanità ad aborrire la violenza e le guerre, perché la pace è un percorso interiore che conduce al cuore dell’uomo.
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