Bio, biodinamico, agroecologico. E l’omeopatia? Boh

Bio, biodinamico, agroecologico
E l’omeopatia? Boh

Tra case report e qualità del cibo, il Congresso FIAMO sfida i pregiudizi!

Enio Marelli Medico Veterinario – Omeopata   TORINO

marellienio@gmail.com
www.eniomarelli.com

Il XXI Congresso FIAMO vede la partecipazione attiva di un gruppo di veterinari uniti dall’obiettivo di promuovere un’omeopatia di qualità. Già tre anni fa, questo stesso gruppo ha avviato la presentazione delle linee guida per la stesura del case report, con l’intento di documentare esperienze cliniche significative nella medicina omeopatica e contribuire all’evoluzione della pratica clinica.

Il case report non è soltanto uno strumento di raccolta dati, ma rappresenta un mezzo di indagine e approfondimento sui principi dell’omeopatia. Permette di confermare sintomi di proving, arricchire la Materia Medica con nuove osservazioni cliniche e fornire un supporto essenziale alla didattica e alla ricerca. Un caso ben documentato aiuta a valutare gli effetti terapeutici, validare criteri di prescrizione e fungere da strumento di farmacovigilanza, rilevando eventuali aggravamenti, effetti collaterali o la ricomparsa di vecchi sintomi. Inoltre, apre nuove prospettive di studio, documentando fenomeni non sempre inclusi nei trial clinici randomizzati.

Pur non avendo la stessa rilevanza statistica degli studi su larga scala, il case report è essenziale per costruire conoscenza attraverso l’esperienza diretta e l’analisi del singolo paziente in un contesto reale. In ambito veterinario, l’esigenza di linee guida specifiche è ancora più sentita: il veterinario omeopata opera con specie molto diverse tra loro, ognuna con caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali peculiari. Questo rende più complessa la raccolta e l’interpretazione dei sintomi, ma, se affrontata con il giusto rigore metodologico, diventa un’opportunità di ricerca straordinaria.

LA NECESSITÀ DI UN METODO CHIARO
Affinché un caso clinico sia utile, deve seguire un percorso logico e strutturato, con un inizio e una fine ben definiti. Ogni passaggio terapeutico deve risultare chiaro: il ragionamento che porta alla scelta del rimedio, le diagnosi differenziali, il follow-up. Solo così si può parlare di una guarigione stabile. Troppo spesso, però, assistiamo alla presentazione di casi poco chiari, privi di metodo, facilmente attaccabili dai detrattori – e non senza ragione. Un caso clinico lacunoso, incompleto o metodologicamente confuso non solo è inutile per chi lo analizza, ma si trasforma in un’arma nelle mani di chi critica l’omeopatia.

Ed è qui che emerge il nodo centrale della questione: la didattica. Se mancano le basi, se non vengono insegnati in modo chiaro i fondamenti dell’omeopatia – indipendentemente dal metodo di prescrizione – se non si acquisisce una solida competenza sulle specie animali trattate e non si ha esperienza pratica sul campo, si genera confusione. Studiare le teorie non basta, così come non è sufficiente citare principi senza averli compresi a fondo. In questo modo, l’omeopatia, già svantaggiata in partenza, finisce per disperdersi, lasciando spazio a chi, pur con poche competenze, sa vendersi meglio.

OMEOPATIA E QUALITÀ DEL CIBO: UNA SFIDA PER IL FUTURO
Questo discorso si intreccia inevitabilmente con un altro tema cruciale: il ruolo del veterinario omeopata negli allevamenti biologici. Qui si gioca una delle sfide più importanti per il futuro dell’omeopatia. Oggi il concetto di cibo di qualità è al centro di un acceso dibattito: biologico, biodinamico, agroecologico. Tuttavia, con l’ingresso del biologico nella grande distribuzione e nei discount, la demonizzazione del biodinamico da parte della politica e la difficoltà nel reperire aziende agroecologiche, sorge una domanda: il cibo biologico prodotto secondo i regolamenti CEE è ancora una garanzia di qualità?

A questa riflessione si aggiunge un altro interrogativo: i professionisti dell’omeopatia dovrebbero, per coerenza, promuovere un’alimentazione il più possibile priva di pesticidi e farmaci? Non tutte le aziende biologiche rispettano gli standard richiesti, specialmente negli allevamenti, dove spesso si fa ricorso a deroghe normative e interpretazioni ambigue dei regolamenti, ignorando i principi di benessere animale. Quanti veterinari omeopati sono riusciti davvero a inserirsi in questo settore? E soprattutto, quanti hanno la preparazione necessaria per affrontare questa sfida?

L’OMEOPATIA NEGLI ALLEVAMENTI: UN’OCCASIONE MANCATA?
Già nel 2015 si evidenziava l’urgenza di un approccio sistemico all’omeopatia applicata agli allevamenti, superando la gestione del singolo animale per considerare l’azienda in un’ottica agroecologica. Un contributo fondamentale su questo tema è stato dato con la pubblicazione del libro Con-vivere, l’allevamento del futuro*, che ha portato all’interno del dibattito omeopatico il pensiero sistemico in campo agricolo, l’agroecologia e l’utilizzo dell’omeopatia come prima scelta terapeutica. Oggi, a distanza di dieci anni, quei concetti sono più attuali che mai e molti si sono fatti promotori del modello agroecologico, mentre il mondo omeopatico sembra essere rimasto fermo. L’interesse mostrato dagli allevatori e dai pazienti omeopatici per il libro e per l’agroecologia dimostra quanto spesso gli omeopati siano scollegati dalla realtà, più intenti a difendere il proprio spazio professionale che a favorire una crescita collettiva della disciplina. Uno dei problemi di fondo è l’abbandono della pratica omeopatica dopo il diploma e la conseguente carenza di veterinari adeguatamente formati, sia nell’applicazione dell’omeopatia negli allevamenti, sia nella gestione di un sistema agroecologico integrato.

RICONOSCIMENTO E VALORIZZAZIONE DEI PROFESSIONISTI OMEOPATI
A questo punto, emerge una domanda chiave: perché i veterinari omeopati con esperienza sul campo, autori di lavori scientifici e promotori di progetti innovativi, non ricevono il giusto riconoscimento all’interno della comunità omeopatica? Perché non sono coinvolti nell’insegnamento delle scuole di omeopatia? Perché il loro contributo, che ha un impatto positivo sulla società, viene spesso ignorato?

La risposta sta nella mancata comprensione del concetto di sistemica. Oggi è un termine di moda, di cui molti parlano, ma che pochi applicano davvero. La sistemica significa curare le relazioni, creare connessioni, favorire l’interdisciplinarità, costruire reti.

Riproporre con forza il tema del cibo sano e biologico al XXI Congresso FIAMO significa affrontare il ruolo degli omeopati nel sistema produttivo e nella società.

Un medico omeopata dovrebbe consigliare un’alimentazione sana e attenta alla qualità dei cibi durante la visita, o lasciare questa scelta alla sensibilità del paziente? Il consumo di alimenti ultra-processati, ricchi di zuccheri e additivi, non è forse un ostacolo alla guarigione?

Le implicazioni di questa tematica coinvolgono ogni attore della filiera: chi produce il cibo, chi lo segue omeopaticamente, chi lo acquista e chi lo consiglia. È arrivato il momento di affrontare queste questioni con maggiore determinazione e coerenza, perché non si può più ignorare l’impatto che la qualità del cibo ha sulla salute umana e animale.

* De Benedictis C, Pisseri F, Venezia P. Con-vivere, l’allevamento del futuro. Cesena: Macro Edizioni; 2015.

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