Incontrare l’Omeopatia può significare iniziare un viaggio dentro il mistero… può essere l’occasione per riallacciare una trama interrotta, recuperare il senso perduto dell’esistenza.
Come spesso accade, ho conosciuto la medicina omeopatica da paziente.
Mi ero da poco iscritta all’università e per una serie di disturbi mi fu suggerito di provare questa cura. Intrapresi lunghi viaggi per raggiungere il mio omeopata e ricordo con tenerezza lo stupore che provavo di fronte a questo anziano dottore, che pareva conoscere di me tutto, anche ciò che non avevo ancora raccontato, mentre di tanto in tanto sfogliava un librone che teneva aperto sulla scrivania e che sembrava suggerirgli le giuste domande da porre. Mi pareva che avesse dei poteri straordinari, delle conoscenze magiche, pazienza, empatia, attenzione che mancavano nei consulti convenzionali; mi sentivo accolta, compresa come persona sofferente. Lo sguardo dell’omeopata ci fa sentire unici!
Mi appassionai e iniziai a studiare i principi dell’Omeopatia, la Materia Medica… La lettura dell’Organon fu rivelatrice di un modo di fare Medicina illuminato e umanamente compassionevole, molto simile a quanto vedevo fare a mio nonno, a mio padre, medici di famiglia in un piccolo paese della Calabria. Affiancai la formazione universitaria allo studio dell’Omeopatia, conobbi i dottori Dujany, Granata, una giovane dottoressa Ronchi, viaggiavo verso l’Omeopatia animata di curiosità e ardore, mi sentivo una privilegiata che aveva la possibilità di conoscere un altro modo, non solo di curare, ma anche di pensare, di aprire la mente al mistero della vita, a un paradigma differente.
La giovane età, l’inesperienza, l’ambiente, non mi consentirono di praticare appena laureata l’Omeopatia, pur continuando a studiare e a costatarne l’efficacia su me stessa e sulle persone a me vicine. Poi quindici anni or sono per caso venni a conoscenza che all’Ordine dei Medici di Reggio Calabria si teneva un corso di Medicina Omeopatica e, su indicazione di colleghi amici, mi iscrissi e la mia vita cambiò.
Ritornai sui banchi di scuola recuperando lo spirito e l’entusiasmo dell’adolescenza, mi disposi al nuovo con umiltà e senza pregiudizi, riscoprii il gusto della collegialità. Inevitabilmente, sul piano personale, mi posi le sacre domande sul senso della vita, cominciai ad ascoltare il sussurro del mio vero sé, ritornai sui passi perduti, sentendomi sostenuta e sorretta da una formazione ben organizzata sotto la direzione del dott. Vincenzo Falabella. Mi dedicai con passione e, come sono solita fare, entrai in questa avventura con tutta me stessa. Cominciai a seguire casi clinici personali che, con la fortuna del principiante, andavano molto bene. Con alcuni colleghi ho pubblicato una Materia Medica per immagini, nata durante il percorso di studi, per facilitare l’apprendimento dei quadri dei rimedi policresti.
Adesso sono docente in questa stessa Scuola, ma sempre allieva, perché non si finisce mai di imparare e, attraverso lo studio e l’esperienza clinica, ampliare conoscenze e prospettive. Mi interesso di approfondire la ricerca con i colleghi docenti del gruppo AFMO dell’EMC su due versanti: quello storico, andando a ripercorrere i passi e le modalità prescrittive degli antichi medici che si trovavano ad affrontare quotidianamente malati e malattie con la semeiotica clinica e il prezioso aiuto dell’Omeopatia e senza mezzi diagnostici di approfondimento di cui la medicina del tempo non disponeva; e l’aspetto epistemologico sistemico, da sempre un carattere distintivo della nostra Formazione, attenzionando il confronto con altri campi del sapere sul piano dell’analogia, riscoprendo come il principio di similitudine sia immanente ed eterno. Applico la pratica omeopatica nel mio ambulatorio di Medicina Generale integrandola con le cure convenzionali, fornendo la possibilità di scelta terapeutica. Gli studi biotipologici e miasmatici sono un valido supporto per inquadrare costituzioni e applicare misure preventive, anche solo correggendo lo stile di vita in misura personalizzata per ogni tipologia, inoltre l’utilizzo dei rimedi anche per patologie acute intercorrenti, in persone disposte a provare metodi di cura differenti, consente di fidelizzare il paziente e avviarlo a un trattamento più profondo, complessivo che, ovviamente, affronto privatamente, dedicando il tempo necessario alla raccolta dei sintomi secondo le nostre modalità. Utilizzo l’Omeopatia in ambulatorio in quei casi in cui il sintomo particolare è così evidente che sembra gridare il rimedio e i pazienti si meravigliano, spesso quanto me, di come l’ascesso gluteo abbia drenato, la cisti mammaria si sia riassorbita, le verruche piane del viso siano scomparse, confermando che il rimedio ben scelto funziona su tutti, velocemente, anche negli anziani in polifarmacoterapia.
Trovo utilissimo applicare l’Omeopatia nelle forme epidemiche in cui il genio epidemico consente di curare con efficacia con una rosa di rimedi che si può prescrivere velocemente, senza intasare la pratica ambulatoriale che ha tempi molto ristretti e un grande afflusso di utenti. C’è inoltre una cerchia di pazienti che sceglie me come medico di famiglia proprio perché conosco la medicina omeopatica e posso fornire opportunità terapeutiche differenti. Ovviamente la Medicina è una anche se utilizza epistemi diversi, aprirsi alla conoscenza di altri modi di curare consente di avere più strumenti a disposizione da applicare secondo scienza e coscienza, in base ai casi e alle persone.
Dedicare del tempo all’anamnesi, all’ascolto, alla valorizzazione dei sintomi, allo studio della persona, al fine di trovare la cura più adatta possibile, più profonda e duratura, è soddisfacente non solo per il paziente, che si sente accolto, ma anche per me, che sento di compiere un atto medico puro e personalizzato, scevro dal meccanicismo e dalla burocrazia della medicina convenzionata che a volte mi fa sentire come un distributore automatico di prescrizioni e richieste vuote di significato.
Nella “relazione omeopatica” si crea una connessione che diventa parte integrante della cura, si mette in scena un vissuto di sofferenza che viene affrontato insieme dalla coppia medico-paziente e ognuno si rende responsabile del processo di guarigione. Il malato si prende in carico, non delega passivamente al medico l’azione curativa, diventa più consapevole, si educa ad ascoltarsi, ad approfondire la conoscenza di sé.
L’Omeopatia, maestra di vita, ci fa partecipi delle leggi dell’universo, apre alla conoscenza, alla consapevolezza, all’accettazione, all’amore; ci valorizza come esseri umani senzienti e pensanti; ci avvicina a noi stessi, alla nostra vera essenza, là dove si crea la malattia, là dove si può e si deve ritornare per riacquistare la salute.

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