La medicina Hahnemaniana
Il percorso di ricerca di Samuel Hahnemann scaturisce dall’insoddisfazione professionale per la pratica medica della sua epoca, fondata su terapie spesso “eroiche”: purghe, salassi, vomificazioni, sostanze ponderali, spesso tossiche, somministrate in base a conoscenze empiriche approssimative e frammentarie. Consuetudini terapeutiche basate sul principio di autorità e sulla tradizione piuttosto che su osservazioni sistematiche e sperimentazioni.
Bruno Galeazzi Medico Chirurgo – Omeopata BASSANO DEL GRAPPA (VI)
Presidente Fiamo
bruno-g@aruba.it
La scoperta (o riscoperta) del principio di similitudine segna, per Hahnemann, l’inizio di un percorso di ricerca che va progressivamente formandosi in un metodo terapeutico ben definito, che conosciamo come medicina omeopatica. La sperimentazione patogenetica (proving) delle sostanze medicinali sul sano, la raccolta del caso con l’attenzione ad ogni sintomo particolare inserito nel contesto generale, l’analisi sistematica dei sintomi raccolti, la somministrazione di singole sostanze opportunamente diluite e dinamizzate, secondo precise regole di preparazione, sulla base del principio di similitudine, costituiscono i fondamenti del metodo omeopatico. Il metodo omeopatico hahnemanniano si è progressivamente diffuso in tutto il mondo, è stato ed è praticato da più di duecento anni da una moltitudine di medici.
Il testo fondamentale del metodo omeopatico, l’Organon, ha visto le stampe in sei diverse edizioni. La prima, nel 1810, portava il titolo di Organon della scienza medica razionale, dalla seconda edizione il titolo fu modificato in Organon dell’arte di guarire.
Potremmo soffermarci su un fatto che potrebbe essere rivelatore di una precisa intenzione dell’autore. Il titolo dell’Organon non fa mai riferimento diretto all’omeopatia, ma alla medicina o all’arte del guarire in senso lato. Certamente buona parte del testo espone in dettaglio il metodo omeopatico, ma non si limita ad esso. Hahnemann non trascura di esaminare la realtà del malato e della malattia in una visione ampia, che oggi chiameremmo sistemica. La malattia è espressione di una dinamica alterata nel malato e il malato è analizzato nel contesto del suo ambiente di vita, di lavoro e delle sue relazioni. Nell’attività clinica di Hahnemann, nessun particolare del malato e delle sue relazioni con l’ambiente è trascurato, ma l’approfondimento delle diverse conoscenze che Hahnemann riesce a raccogliere durante la sua vita è molto diversificato. Se la struttura del metodo omeopatico hahnemaniano è ancora attuale e fondamentale punto di partenza per ogni medico omeopata, troviamo numerosi accenni ad altri aspetti della medicina, intesa nella sua complessità, che nell’Organon rimangono appena tratteggiati ed esplorati sommariamente. Possiamo pensare che Hahnemann ebbe il tempo per sistematizzare il metodo omeopatico, ma non ne ebbe a sufficienza per approfondire le osservazioni riguardanti l’ampio panorama dell’attività medica, che rimasero quindi come superficiali accenni sparsi nel testo dell’Organon.
Leggendo attentamente l’Organon, dal primo all’ultimo paragrafo, non trascurando le note a piè di pagina, viene a formarsi davanti ai nostri occhi un insieme ampio di osservazioni, sollecitazioni, accenni, ipotesi, abbozzi di ricerca da approfondire. È la medicina e l’attività del medico come la intendeva nell’attività di ricerca e nella pratica clinica Hahnemann. Una medicina che oggi potremmo definire sistemica, che osserva le dinamiche di salute e malattia, in cui il malato è compreso nella sua unicità e nel suo sistema complesso di relazioni; una medicina in cui il metodo omeopatico è il volano fondamentale su cui il medico fa affidamento per modulare le dinamiche vitali del malato.
Analizzando i suoi scritti, potremmo azzardare un’ipotesi, che Hahnemann intendesse proporre una nuova medicina, in cui certamente il metodo omeopatico fosse centrale, ma che fornisse al medico tutti gli strumenti, per tutte le situazioni, senza alcuna limitazione di mezzi, per il bene del malato. Scorrendo le pagine dell’Organon, si va scoprendo che per Hahnemann l’attività del medico, per essere efficace, non può limitarsi alla somministrazione del medicinale omeopatico più simile, ma deve includere una attenta analisi delle condizioni ambientali di vita del malato, la salubrità dei luoghi di vita e di lavoro e delle abitudini alimentari. In questo egli vede configurarsi l’attività del medico igienista. Vanno anche individuati i blocchi alla cura, che possono essere multiformi, includendo aspetti tossici, carenziali e molto altro. La teoria dei miasmi, termine desueto secondo i canoni della medicina moderna, è un’intuizione geniale che include molteplici dinamiche che riconosciamo in termini moderni nella genetica, l’epigenetica, le infezioni croniche, i virus “lenti”, le forme batteriche senza parete intracellulari.
Grazie all’esperienza clinica, Hahnemann si accorge dell’importanza dei fattori emozionali e psicologici nella genesi e nell’evoluzione della malattia, precorrendo di quasi un secolo, con le sue preliminari osservazioni, la psicosomatica moderna. Esplora sommariamente il principio di similitudine nell’applicazioni di alcuni rudimentali dispositivi elettromagnetici ed invita a continuare le osservazioni sperimentali al fine di comprenderne la reale utilità. Osserva i benefici della medicina termale. Non vuole privare il malato di tutti gli sforzi terapeutici possibili e, nella nota al § 67, sollecita anche ad usare sostanze con azione palliativa (che all’epoca si limitava a rudimentali sostante farmacologiche), quando la situazione lo richieda.
Infine esplora il fenomeno che nella sua epoca era chiamato mesmerismo animale e che nell’epoca moderna ha preso varie denominazioni, la più attuale è tocco terapeutico (healing touch). La ricerca di healing touch nella banca dati Pubmed restituisce 3941 articoli scientifici che ne parlano, non certo una presenza trascurabile. Hahnemann riuscì ad eseguire alcune osservazioni preliminari, per sua esperienza diretta, su come l’energia vitale del malato possa essere modificata da una “potente volontà di un uomo ben intenzionato”. Nelle brevi descrizioni del fenomeno, il § 288 dell’Organon, contiene alcuni elementi di grande interesse.
Nel moderno dibattito sulla coscienza (consciousness), si vedono contrapposte la visione materialistica, per la quale la coscienza è un fenomeno emergente della materia, grazie alla sufficiente complessità delle strutture nervose degli organismi viventi, e la visione idealista, per la quale la coscienza è una proprietà fondamentale, che trova nelle strutture nervose una possibilità di manifestazione. Nel dibattito contemporaneo sostenuto da fisici, biologi e psicologi si parla di “hard problem of consciousness” come proposto anni fa da David Chalmers. Se la coscienza fosse una proprietà emergente del cervello, come propone la visione materialistica, si perderebbe la capacità di spiegare la soggettività dell’esperienza e ancora più importante non vi sarebbe spazio per la volontà, il libero arbitrio e l’intenzionalità, poiché il comportamento sarebbe il risultato di meccanismi riflessi, condizionati da necessità biologiche. Già due secoli fa Hahnemann si poneva chiaramente in una posizione idealista, riconoscendo appunto volontà ed intenzionalità come peculiari espressioni della coscienza libera dell’uomo, anticipando di due secoli le più moderne visioni sulla coscienza, che mettono in discussione il riduzionismo meccanicistico che si limita a descrivere l’essere vivente come una macchina biologica. Scrive il fisico Federico Faggin, inventore dei microprocessori, nell’introduzione al suo libro “Irriducibile”: Per anni ho inutilmente cercato di capire come la coscienza potesse sorgere da segnali elettrici o biochimici, e ho constatato che, invariabilmente, i segnali elettrici possono solo produrre altri segnali elettrici o altre conseguenze fisiche come forza o movimento, ma mai sensazioni e sentimenti, che sono qualitativamente diversi … è la coscienza che capisce la situazione e che fa la differenza tra un robot e un essere umano.
Inoltre, Hahnemann riconosceva nella attività ben diretta dell’intenzionalità della coscienza dell’individuo un potenziale terapeutico che agisce sulle dinamiche vitali del malato in modo peculiare.
Da questa breve analisi del testo fondamentale di Hahnemann e del suo percorso di investigazione, si potrebbe concludere definendo la medicina hahnemaniana come quell’insieme di intuizioni ed osservazioni che hanno contribuito a porre le basi per molti futuri sviluppi della medicina moderna, sia in ambito convenzionale sia complementare. Il mancato riconoscimento del principio di similitudine come fondamentale e principale meccanismo terapeutico nei sistemi viventi ha portato la medicina moderna ad un’eccessiva enfasi nell’uso di terapie palliative spesso non risolutive, privando il malato della completezza delle risorse terapeutiche, come concepito invece nella medicina hahnemaniana, in cui ogni esigenza del malato trova adeguata risposta, nell’osservanza dei principi fondamentali di sicurezza per il malato, efficacia, rapidità d’azione e minimizzazione dei rischi terapeutici.